Nessuno è perfetto

di Emanuela Nava

Primo capitolo
La Signora Perlupario era esterrefatta. Inorridita, addirittura. Se lui avesse continuato con quel tono, lo avrebbe rispedito indietro.
-Chi ti credi di essere?- chiese sputacchiando rabbia e bollicine.
-Tuo figlio.- rispose lui con calma. Stava giocando e l'unica cosa che chiedeva era che lei lo lasciasse in pace.
Ma la Signora Perlupario non poteva transigere: la camera sembrava un verminoso letamaio di topi. Quando glielo aveva detto, lui, invece di scusarsi e iniziare a riordinare, aveva risposto:
-Smamma.
Non c'era più tempo da perdere. La Signora Perlupario respirò affannosamente. Quel ragazzino era indomabile. Un terribile esempio di pessimo ammaestramento.
Prima di prendere la decisione, elencò, ancora una volta tra sé, i disgustosi difetti del ragazzo:
È DISORDINATO.
NON CHIEDE MAI IL PERMESSO PRIMA DI ALZARSI DA TAVOLA
DÀ LA CACCIA ALLE PULCI DEL CANE DELLA VICINA
ROMPE PIATTI, BICCHIERI E SCATOLE ALMENO UNA VOLTA AL GIORNO
IMBRATTA I MURI
PRENDE LA VARICELLA E L'ATTACCA ALLA CUGINA
Era una bella giornata di sole. La Signora Perlupario sorrise. A pensarci bene, la lista avrebbe potuto essere molto più lunga, un agghiacciante inventario di repellenti difetti, ma la camelia era fiorita, i cardellini cinguettavano in giardino, suo marito era partito per un viaggio di lavoro: tutto, al di fuori di quella disordinata stanza, sembrava talmente tranquillo.
Diede un ultimo sguardo a Desiderio. Anche il nome era completamente inadatto. Aveva desiderato così tanto un bambino bello, biondo, gentile. Un ragazzino servizievole e diligente. Che aiutasse in casa, prendesse ottimi voti a scuola e non tirasse su con il brodo. Che le facesse fare bella figura, insomma. Niente di speciale, pensò, ravviandosi con le mani un ciuffo ribelle dietro le orecchie, solo il legittimo desiderio di tutte le mamme del mondo.
E invece, le avevano rifilato un mostruoso bambinello secco e ossuto, con i capelli scuri e ricci, capace solo d'imbrattarsi la camicia mentre mangiava e di dire parolacce. Fu percorsa da un brivido.
-Sei una scemamma!
Era la voce di Desiderio.
-Cosa?
-Sei una scemamma!- ripeté il ragazzo. -Lasciami giocare in pace, poi ti prometto che metto tutto a posto.
Ora non si poteva più tornare indietro. Di fronte a quel nuovo insulto, la Signora Perlupario si sentì avvampare di vergogna e di rabbia. Controllò il telefonino che teneva in tasca, caso mai avesse inavvertitamente schiacciato il ripetitore e si fosse messa in collegamento con l'ultima persona con cui aveva parlato.
Lanciò un urlo di terrore: l'ultima telefonata era stata fatta a sua cognata Rosa. Proprio a lei che aveva una figlia educatissima, che salutava sempre per prima e sapeva persino fare l'inchino. Guai se avesse sentito quelle parole insolenti!
Desiderio stava giocando con le costruzioni. Le aveva sparpagliate per tutta la stanza e aveva innalzato un castello con le torri e i muri merlati. Attorno, pareti imbrattate con orribili scarabocchi, vestiti gettati dove capitava, libri e giocattoli sparpagliati ovunque.
La Signora Perlupario sospirò di sollievo: il telefono era spento.
-Andiamo.- disse a Desiderio. -Ti riporto in fabbrica.
Il ragazzo la guardò.
-Sei proprio una scemamma.- ripeté.

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