Primo capitolo
La Signora Perlupario era
esterrefatta. Inorridita, addirittura. Se lui avesse continuato con quel
tono, lo avrebbe rispedito indietro.
-Chi ti credi di essere?- chiese sputacchiando rabbia e bollicine.
-Tuo figlio.- rispose lui con calma. Stava giocando e l'unica cosa che
chiedeva era che lei lo lasciasse in pace.
Ma la Signora Perlupario non poteva transigere: la camera sembrava un
verminoso letamaio di topi. Quando glielo aveva detto, lui, invece di
scusarsi e iniziare a riordinare, aveva risposto:
-Smamma.
Non c'era più tempo da perdere. La Signora Perlupario respirò
affannosamente. Quel ragazzino era indomabile. Un terribile esempio di
pessimo ammaestramento.
Prima di prendere la decisione, elencò, ancora una volta tra sé, i
disgustosi difetti del ragazzo:
È DISORDINATO.
NON CHIEDE MAI IL PERMESSO PRIMA DI ALZARSI DA TAVOLA
DÀ LA CACCIA ALLE PULCI DEL CANE DELLA VICINA
ROMPE PIATTI, BICCHIERI E SCATOLE ALMENO UNA VOLTA AL GIORNO
IMBRATTA I MURI
PRENDE LA VARICELLA E L'ATTACCA ALLA CUGINA
Era una bella giornata di sole. La Signora Perlupario sorrise. A pensarci
bene, la lista avrebbe potuto essere molto più lunga, un agghiacciante
inventario di repellenti difetti, ma la camelia era fiorita, i cardellini
cinguettavano in giardino, suo marito era partito per un viaggio di
lavoro: tutto, al di fuori di quella disordinata stanza, sembrava talmente
tranquillo.
Diede un ultimo sguardo a Desiderio. Anche il nome era completamente
inadatto. Aveva desiderato così tanto un bambino bello, biondo, gentile.
Un ragazzino servizievole e diligente. Che aiutasse in casa, prendesse
ottimi voti a scuola e non tirasse su con il brodo. Che le facesse fare
bella figura, insomma. Niente di speciale, pensò, ravviandosi con le mani
un ciuffo ribelle dietro le orecchie, solo il legittimo desiderio di tutte
le mamme del mondo.
E invece, le avevano rifilato un mostruoso bambinello secco e ossuto, con
i capelli scuri e ricci, capace solo d'imbrattarsi la camicia mentre
mangiava e di dire parolacce. Fu percorsa da un brivido.
-Sei una scemamma!
Era la voce di Desiderio.
-Cosa?
-Sei una scemamma!- ripeté il ragazzo. -Lasciami giocare in pace, poi ti
prometto che metto tutto a posto.
Ora non si poteva più tornare indietro. Di fronte a quel nuovo insulto, la
Signora Perlupario si sentì avvampare di vergogna e di rabbia. Controllò
il telefonino che teneva in tasca, caso mai avesse inavvertitamente
schiacciato il ripetitore e si fosse messa in collegamento con l'ultima
persona con cui aveva parlato.
Lanciò un urlo di terrore: l'ultima telefonata era stata fatta a sua
cognata Rosa. Proprio a lei che aveva una figlia educatissima, che
salutava sempre per prima e sapeva persino fare l'inchino. Guai se avesse
sentito quelle parole insolenti!
Desiderio stava giocando con le costruzioni. Le aveva sparpagliate per
tutta la stanza e aveva innalzato un castello con le torri e i muri
merlati. Attorno, pareti imbrattate con orribili scarabocchi, vestiti
gettati dove capitava, libri e giocattoli sparpagliati ovunque.
La Signora Perlupario sospirò di sollievo: il telefono era spento.
-Andiamo.- disse a Desiderio. -Ti riporto in fabbrica.
Il ragazzo la guardò.
-Sei proprio una scemamma.- ripeté.
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