Il filo d'oro del mare

di Emanuela Nava

Da giorni soffiava il maestrale. Le onde lunghe che lambivano la spiaggia ne risucchiavano con forza sabbia e conchiglie.
Al largo, sugli scogli, si frangevano le onde dense e scure.
La bambina era seduta sullo sperone di una roccia alta, con il viso al vento.
-Dove l'acqua bagna l'aria. Dove l'acqua bagna l'aria.- ripeteva.
Non c'erano barche all'orizzonte.
La bambina sorrideva.
Le piaceva guardare il mare. Le piaceva immaginarne i segreti. Sognava di camminare sul fondale marino con un abito a fiori e un paio di ballerine chiare. Era solo un sogno, ma le piaceva raccontarlo alla nonna che, quando si immergeva, non infilava neppure la maschera. Scendeva in apnea indossando solo un vecchio costume da bagno e un elastico per i capelli forse ancora più vecchio. Ma quando riemergeva era così felice, perché uscire dall'acqua è come rinascere, diceva.
-Dove l'acqua bagna l'aria, dove l'acqua bagna l'aria.- sussurrava ancora tra sé la bambina.
Era una bella frase, pensava la bambina, mentre la sabbia portata dal vento le sferzava sulla pelle.
Il mare dalle onde lunghe la incantava. E mentre si perdeva a osservarne la schiuma bianca che gorgogliava tra le grosse pietre della baia, su cui vivevano colonie di arselle, pensava ancora alla nonna, a quando nuotava, ma anche a quando tesseva il bisso, mormorando poesie.
La nonna era una maga, così dicevano al paese. Molti per questo la temevano e abbassavano gli occhi quando la incontravano nella baia o tra le vie strette dell'isola. Altri invece la cercavano, andavano da lei, imploravano aiuto per un male improvviso, per un dolore del cuore o dell'anima.
Ma per la bambina che si chiamava Aurora, la nonna era prima di tutto una poetessa, che tesseva i fili del mare come altri tessevano parole di gioia o di amore. E quando sedeva di fronte al telaio vecchio di mille anni sembrava che avesse dieci braccia come la dea Durga, la dea indiana che cavalca un leone. Un leone enorme e d'oro, lo stesso che la nonna aveva tessuto per lei.
-Per te, Aurora.- aveva detto. –E per tutte le bambine dell'isola.
A un tratto la bambina vide un'ombra scura. C'era qualcosa che si muoveva dove l'acqua bagna l'aria.
Fu allora che si alzò in piedi sullo scoglio e fece ogni sforzo per comprendere quel tremolio, quel movimento regolare che a ogni onda si copriva di spuma.
Non erano pesci, neppure gabbiani o cormorani che si facevano trascinare dalla corrente.
Erano topi. Un branco di topi che nuotava e attraversava la baia, muovendo le lunghe code sottili come fossero timoni.
Aurora li vedeva bene. In piedi sullo scoglio osservava i topi avanzare senza fatica: non temevano la corrente e neppure la forza impetuosa delle onde.
Il maestrale ora soffiava più forte e a tratti la sabbia portata dal vento faceva così male che Aurora dovette resistere per non proteggere il viso con le mani.
Ma i topi stavano attraversando la baia e la bambina li guardò mentre sparivano uno dopo l'altro, dietro i grossi scogli che curvavano verso ovest, dove il mare era più profondo e la costa del continente straniero era solo un'ombra all'orizzonte.
In cielo i gabbiani gridavano e le nuvole erano gonfie di pioggia: erano nuvole enormi che cambiavano forma a ogni raffica di vento.

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