E non hai visto ancora niente

di Emanuela Nava

Selezione Premio Bancarellino

Ricordo. La prima volta lo attraversai senza neppure uno strillo. Mi ero affacciato durante il tragitto. Mi ero sporto. Pericolosamente, senza vertigini. E avevo anche saltato, piccoli saltelli per sentire vibrare le funi d'acciaio. Ero solo, in balia dell'arbitrio del vento che mi scompigliava i capelli.
Sopra e attorno a me il cielo afoso dell'estate annunciava una giornata più calda delle altre. Anche il vento era caldo e increspava l'acqua lucente del fiume che scorreva tra i canneti e i massi serpentini.
Avanzavo sul ponte sospeso. A passi pigri, a passi meno indolenti. A tratti mi affrettavo, muovendomi con impazienza. Sorridevo al mondo e a me stesso. Sorridevo anche al baratro.
Il ponte sospeso è lungo 227 metri e sfiora in altezza anche i 36 metri. Era scritto vicino alla siepe, sul cartello di legno sbiadito. Io volevo andare fino al versante opposto della vallata e poi ritornare. Leggere anche l'altro cartello se ancora c'era. Era una bella mattina d'estate, da poco era passata l'alba, troppo presto per i turisti che scendevano al fiume o si avventuravano sul ponte.
Chissà se l'idea mi venne allora o più tardi, quando le voci della luna mi parlarono e mi suggerirono un tavolino, due sedie, una borsa della spesa con tutto quello che occorreva. Anche una tovaglia bianca e un vasetto di fiori. Una merenda per due a metà pomeriggio quando la natura spande il suo verde odoroso.
Non sarei stato solo: avrei invitato al mio tavolino una ragazza. Non sapevo ancora chi, ma sapevo che lei avrebbe indossato un abito elegante con mille lustrini, brillante come un cielo stellato.
La ragazza con i lustrini si sarebbe seduta, guardandomi negli occhi, e sarebbe stata così luminosa e bella che io avrei ascoltato solo la sua voce.
Vedevo ogni particolare di quel giorno: il sole del pomeriggio che faticava a scendere dietro le montagne e la fila di persone che, da entrambi i lati, cercava di percorrere tutta la passerella pedonale. Erano genitori e bambini, coppie o famiglie in cerca di emozioni, che si spingevano avanti, sempre più avanti, in balia di meraviglia e timore. -Tornate indietro, tornate indietro.- avrebbe detto la ragazza, brillando di luce a ogni parola. –Mino e io stiamo facendo merenda, perché ci volete disturbare?
Poi mi avrebbe sorriso e io avrei ricambiato il sorriso.
C'erano molti sguardi attorno a noi, prima increduli, poi sempre più spaventati. Non ci voleva nulla perché la paura crescesse tra i visitatori del ponte. Si sarebbe affollata così tanta gente, sospesa nel vuoto, che spingeva e non riusciva a passare, così tanta gente a guardare me e lei seduti a un tavolino troppo grande per un ponte troppo stretto, che si sarebbe udito un forte brusio vibrare nel soffio del vento.
Erano le voci delle persone che vibravano e il ponte sospeso che vibrava e dondolava insieme a loro. Sarebbero stati in molti a gridare, a cercare di tornare indietro, dandosi, sgomenti, pericolosi spintoni: da lì, dove sedevamo io e la ragazza che brillava come una stella, non si poteva passare.

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